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RIFORMA DELLA GIUSTIZIA: UN TEMA CHE INTERESSA DA VICINO ANCHE L’UNIVERSO INSURANCE, MA SUL QUALE C’È ANCORA POCA CHIAREZZA…

09/02/2021

Sono orgoglioso e felice di annunciare che, da questo mese la «scuderia» di opinionisti di primissimo livello ospitati da Intermedia Channel si allarga anche a due importanti esperti di diritto, in particolare assicurativo. Il primo è Paolo Vinci, già mio storico e apprezzato editorialista de «Il Giornale delle Assicurazioni». Oltre che grande amico, l’avvocato Vinci è Docente in materia di Diritto sanitario e civile per il Corso riservato agli iscritti alla Scuola di Specialità in Chirurgia Orale, nominato dal Senato Accademico dell’Università Bicocca di Milano. Presta assistenza legale in favore di numerose Compagnie di Assicurazione ed Aziende Ospedaliere, di molte delle quali riveste altresì la carica di componente dei Comitati Etici e dei Comitati Valutazione Sinistri Dal 2015 è altresì docente presso l’Università Meier, Università, Medicina Integrata Economia e Ricerca, di Milano, ove dal febbraio 2017 ricopre anche il ruolo di Direttore del Dipartimento Assistenza Vittime della Strada e della Malasanità nell’ambito del Progetto “Centro di supporto alle vittime di reato”. Autore di pubblicazioni giuridiche sia in formato digitale che cartaceo.  Con lui scriverà anche Irene Vinci, avvocato, titolare dello Studio Associato Avv. Irene Vinci & Associati. Ha conseguito il diploma di master di II livello in Management della Responsabilità Sanitaria, specializzandosi nel settore della responsabilità sanitaria. Socia dello studio legale «Avv. Paolo Vinci & Associati». E’ anche autrice di pubblicazioni giuridiche sia in formato digitale che cartaceo.  

Un grande ringraziamento, personale e da parte dell’Editore, per un media che può contare su altri «pezzi da 90» e che si qualifica sempre più come punto di riferimento del mercato e del panorama assicurativo e non solo.

Marco Traverso

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Il progetto di riforma nasce dalla oramai annosa necessità di accelerare la inceppata macchina della giustizia italiana. E’ noto che le lungaggini dei processi italiani abbiano avuto risvolti non solo nel settore giudiziario, ma anche rilevanti conseguenze economiche per le imprese, investitori e consumatori che operano sul territorio nazionale. Sono stati svolti numerosi  studi di analisi del sistema giuridico italiano, ponendosi l’Italia in cima a tutte le classifiche dei paesi europei per la lunghezza delle fasi di giudizio, sia civile che penale. Addirittura, uno studio internazionale ritiene quello italiano, uno dei sistemi giudiziari meno democratici e snelli del pianeta, venendo, in una classifica performante che prevede la durata del processo e i carichi pendenti irrisolti, molto dopo nazioni come l’Uganda ed il Senegal.

I tempi medi dei processi civili di primo grado in Italia sono di 527 giorni contro una media europea di 233; i tempi medi dei processi penali di primo grado sono di 361 giorni contro 144. Questo gap si traduce, secondo uno studio del Cer-Eures, in 2,5 punti di Pil, ossia 40 miliardi di euro. E noi Italiani, grazie a certi Governi, siamo molto… bravi a ridurre, più di altre nazioni il PIL!

I problemi della giustizia italiana, come dimostrato da questo rapporto, sono molteplici. Tuttavia le soluzioni alle problematiche rappresentate non sempre si dimostrano innovative e funzionali e, se da un lato propongono teoricamente un allentamento della burocrazia, dall’altra non fanno altro che incrementare il ricorso alla stessa.

In questo contesto, tutti i governi italiani che si sono succeduti, hanno sempre approcciato, senza riuscirci (magari anche a causa delle resistenze di alcune parti sociali o addirittura di alcune potenti corporazioni!), discorsi di riforma. Salvo, poi, lasciarli cadere nel vuoto.

C’è da chiedersi se quello contenuto in questa riforma possa intercettare, o meno, le vere esigenze del Paese. E, prima ancora, c’è da interrogarsi se chi in questo momento ci governa sia in grado, o meno, di comprendere appieno le ragioni di una gravissima situazione in cui versano i processi civile e penale. 

Personalmente, ne dubito!

Il piano di riforma della giustizia si basa su quattro obiettivi:

1) ridurre la durata del processo ed evitare che si formi nuovo arretrato;

2) favorire la digitalizzazione;

3) potenziare strutture materiali e logistiche;

4) favorire l’effettività del sistema penale con il reinserimento di soggetti in esecuzione penale per il contrasto alla recidiva.

Questi quattro macro obiettivi sono sorti sulla spinta propulsiva delle raccomandazioni della Commissione UE per l’anno 2019-2020, che ha richiesto all’Italia di intervenire su determinate problematiche specifiche, avendo notato (come avrebbe potuto sorvolare?!) endemiche lacune del sistema.

Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) presentato dal Governo è così articolato:

1. Riforma del processo civile in tutti i gradi del giudizio

La finalità è quella di ottenere una semplificazione e razionalizzazione delle fasi del processo.

Secondo i seguenti parametri:

  • introduzione di un rito semplificato e accelerato in materia civile: da tre riti (GDP, monocratico ordinario e monocratico sommario) si passa ad ottenere una riduzione della durata del processo, mediante la riduzione dei riti e semplificazione degli stessi, anche mediante semplificazione dell’appello;
  • riduzione dei casi attribuiti al tribunale in composizione collegiale;
  • intensificazione degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie;
  • implementazione del processo telematico in procedimenti civili di qualsiasi grado con obbligo di deposito esclusivamente in via telematica;
  • rafforzamento doveri di leale collaborazione.

C’è da chiedersi se i rimedi che si voglio adottare siano quelli giusti. La risposta è netta: no!

2Potenziamento della Corte di Cassazione e sostegno alla Sezione Tributaria.

Nel modo seguente:

  • aumento magistrati onorari ausiliari onde smaltire i procedimenti arretrati.

Ed anche questo è sinceramente un obbrobrio. Come si può continuare ad attingere ad una Magistratura onoraria, mal pagata e mal coadiuvata dal sistema, affidando giudizi delicati e decisivi per il cittadino, a soggetti quasi mai terzi e privi, talora, di adeguati mezzi? Si vede proprio che chi ha partorito questa riforma, posticcia e superficiale, non è all’altezza!

3. Riforma dell’Ordinamento Giudiziario

Tramite:

  • obbligatorietà anche nel penale dei programmi di gestione;
  • controlli da parte del Dirigente dell’ufficio atti a verificare che i ruoli e i carichi di lavoro consentano la funzionalità dell’ufficio
  • introduzione di illeciti disciplinari in caso di mancata ottemperanza agli obblighi previsti dal capo dell’ufficio e programmi di gestione
  • riorganizzazione delle Procura della repubblica
  • periodo minimo di cinque anni del magistrato nel ruolo direttivo ricoperto
  • corsi di formazione per dirigenti e valorizzazione –nelle fasi selettive- delle capacità organizzative del magistrato nel corso della carriera
  • razionalizzazione avanzamento di carriera
  • riduzione tempi di accesso alla professione di Magistrato
  • preclusione della partecipazione al concorso per la copertura dei posti apicali ai magistrati che in funzione dell’età non possono garantire la permanenza per almeno quattro anni, salve eccezioni
  • riforma meccanismo elezione CSM e modulazione dell’organizzazione interna dello stesso.

4. Riforma del Processo Penale

Tramite:

  1. la digitalizzazione del processo penale telematico;
  2. la riduzione dei casi in cui il procedimento sfocia nel dibattimento.

Il dibattimento. Proprio il momento massimo della dialettica e del processo accusatorio, il punto di arrivo della riforma dell’89 (prima il processo era inquisitorio) viene obnubilato, mutilato, ridotto ai minimi termini. Il “genio” che ha proposto la riforma non prende in considerazione i diritti dell’imputato, di rango costituzionale, ma quelli, evidentemente  più in sintonia con le sue scarse capacità, di risoluzione del problema dei carichi processuali e di arretrato e partorisce una proposta che neanche la mente di alcuni stati totalitari e giustizialisti avrebbe il pudore di confezionare.

Peraltro, non ci si ferma qui.

Il tutto si estrinsecherebbe tramite il 

– Potenziamento dei filtri, cioè del meccanismo in base al quale il PM a fine indagini sceglie tra archiviazione e esercizio dell’azione penale e in base al cui il GUP decide se rinviare a giudizio o emettere sentenza di non luogo a procedere

– Nuova disciplina di riti alternativi, cioè:

– Patteggiamento accessibile quando la pena detentiva non superi gli otto anni (attualmente 5)

– Giudizio abbreviato esteso a tutti i casi in cui pur essendo necessaria una integrazione probatoria il rito prevede economia processuale

– Ampliata la possibilità di accesso ai riti del patteggiamento e del giudizio abbreviato per l’imputato

– Tempo per emissione del decreto penale di condanna esteso da sei mesi a un anno.

  1. Aumento giudici ausiliari in appello,
  2. Introduzione giudizio monocratico d’appello per i reati giudicati in primo grado dal giudice monocratico
  3. Estensione ipotesi inappellabilità sentenze
  4. Il difensore potrà appellare la sentenza di primo grado con un mandato ad impugnare
  5. Introduzione di termini di durata massima delle fasi e gradi di giudizio.

Tutte proposte, queste, che frustrano il diritto di difesa.

5. Misure in materia di crisi di impresa e insolvenza

Il codice della crisi di impresa e dell’insolvenza è già legge (entrerà in vigore 1.9.2021), si è dunque predisposto lo schema di un decreto legge finalizzato ad anticipare alcune disposizioni dello stesso e a introdurre norme speciali che, nel periodo di emergenza, sostengano l’imprenditore. Come sempre, il ricorso all’eccezionalità, non essendosi, da parte di questo mediocre legislatore,  la serenità di proporre norme positive “regolari”.

6. Risorse Umane

Previsione di investimento per acquisire maggiori risorse umane e materiali, nonché misure organizzative innovative, con un reclutamento straordinario di risorse umane per la gestione e smaltimento dell’arretrato giudiziario.Aumento del sostegno al magistrato con figure quali addetti, tirocinanti, magistrati onorari. Nello specifico:

  • aumento addetti all’ufficio del processo
  • aumento per tre anni negli uffici giudiziari maggiormente gravati da arretrati di magistrati onorari aggregati
  • ampliamento di tirocini formativi
  • assunzione a tempo pieno e determinato di personale amministrativo con competenze ad hoc
  • aumento professionalità informatiche e operatori data entry
  • assunzione di architetti, ingegneri, geometri, contabili, analisti dell’organizzazione, statistici
  • consolidamento risorse informatiche

* * *

Se il piano presentato dal Governo, in relazione al “tema giustizia”, si proponeva l’obiettivo di risolvere i numerosi problemi della giustizia italiana e, primo tra tutti, il problema dell’eccessiva durata del processo, sin da una superficiale lettura del testo presentato, appare inadeguato, posticcio, in conferente, pregno di “ingiustizia sociale”.

Le undici pagine dedicate dal progetto di governo al “tema giustizia” propongono decine di questioni, alcune delle quali già sperimentate dalla Giustizia Italiana, altre innovative, senza tuttavia entrare nel merito di alcuna di esse, il che rende difficoltoso per il giurista svolgere un’analisi sulle proposte presentate.

In relazione all’eccessiva durata del processo civile, per esempio, si vuole incentivare il ricorso a misure deflattive del contenzioso, alternative al processo. Tuttavia, chi è fisicamente in Aula di Tribunale è ben conscio che si tratta di misure e strumenti il cui ricorso è incentivato da anni, ma la funzione deflattiva del contenzioso è effettivamente raggiunta in un numero assai limitato di casi. Basti pensare all’istituto della mediazione in campo di malpractice medica (obbligatoria sino all’entrata in vigore della legge n. 24/2017), che assai raramente ha avuto quella funzione “deflattiva” del contenzioso, ma è sovente diventata un ulteriore adempimento burocratico ostativo all’inizio del giudizio in Aula.

Quanto alle modifiche di rito del procedimento civile, v’è da rilevare che il documento è estremamente sintetico sul punto: sembra difficile, per il giurista, poter valutare l’efficacia di riforme di rito, allorché non vegano meglio precisate. Vi è da evidenziare che il processo civile, sovente volto a tutelare diritti di matrice costituzionale, è spesso caratterizzato da una complessa istruttoria. L’attuale differenziazione dei riti ha proprio la funzione di semplificare il rito stesso, laddove sia possibile, come nel procedimento dinanzi al Giudice di Pace, caratterizzato da un minore formalismo, lasciare la rigidità del procedimento civile c.d. ordinario e delle preclusioni e termini ad esso connessi allorché si tratti di un procedimento ordinario. Non si ritiene che un unico rito, “semplificato e accelerato” possa garantire adeguatamente il diritto alla difesa del cittadino, appiattendo su una unica tipologia procedurale, situazioni differenti che, come tali, necessitano di riti differenti. 

Quanto, infine, all’aumento di personale, il nuovo piano assunzioni con figure specializzate quali ingegneri, architetti, data entry, informatici, è senz’altro funzionale a garantire quello snellimento e quella digitalizzazione della macchina della giustizia (onde incentivare, per esempio, anche il processo penale telematico, ovvero l’introduzione di una maggiore digitalizzazione dinanzi alla Corte Suprema di Cassazione). Tuttavia, tale piano è assolutamente carente relativamente al numero di esperti necessari, alle risorse finanziarie adeguate, alle modalità di assunzione degli stessi (istituzione di una ulteriore Task Force?). Nessuna specificazione, nessun dettaglio, nessuna cifra! 

Da una parte, dunque, viene incentivato il ricorso alla digitalizzazione, dall’altro si affida ai lavoratori precari l’onere di salvare e risollevare la giustizia italiana, smaltendo il lavoro oggi in arretrato. Come si legge dal documento, è previsto l’ingente ricorso, anche in Corte di Cassazione, a Magistrati Onorari. Gli stessi Magistrati Onorari che hanno indetto uno sciopero a Milano e a Palermo, perché considerati lavoratori autonomi a cottimo (pagati a sentenza e a udienza) senza garanzie previdenziali e pensionistiche, nonostante la Sentenza della Corte di giustizia dell’unione europea riconosca loro lo status di giudici europei e quindi con il diritto ad essere considerati dipendenti.

Accanto ai Magistrati Onorari, si propone l’aumento del numero di tirocinanti, ossia giovani laureati in giurisprudenza senza alcuna retribuzione (salvo un rimborso spese con obiettivo massimo di 400 euro).

Tutte proposte che non affrontano il problema alla radice, ma in modo superficiale tendono a “tirare a campare”, in stretta aderenza con la propria… indole.

Nel settore penale,  la proposta è quella del reclutamento di altri giudici ausiliari in appello, ossiaMagistrati Ordinari, contabili ed amministrativi e gli Avvocati dello Stato a riposo da non più di tre anni. I magistrati onorari che non esercitino più, professori di materie giuridiche, avvocati e notai anche se cancellati dall’albo da non più di tre anni. 

Da una parte, dunque, l’incremento dei sistemi di digitalizzazione e riforma del processo, dall’altra lavoratori precari assunti a tempo determinato.

Per il giudizio penale, inoltre, vi è la proposta è di una “drastica riduzione dei casi in cui il procedimento sfocia nel dibattimento”, che dovrebbe essere riservato a un numero residuale di casi, su ispirazione del modello statunitense, dove la gran parte dei procedimenti è definita mediante diverse forme di pleabargaining» (tradotto: patteggiamento).

Tuttavia, v’è da sottolineare che il numero delle accuse dei PM in Italia si definisce (nei vari gradi di giudizio) con un’assoluzione ben oltre il 50% dei processi. Ne deriva che sarebbe piuttosto complesso incentivare il patteggiamento in tali casi. 

Anche la generica indicazione della “estensione delle ipotesi di inappellabilità delle sentenze” si presta a importanti risvolti sul piano Costituzionale, e, data la genericità della formulazione, non permette un’approfondita valutazione e analisi. Ma rimane un attentato contro il diritto alla difesa e la libertà del cittadino. Gravissimo!

Sotto certi aspetti, quanto proposto per il processo penale è ancora più grave di quello proposto nel civile. Qui, gli interessi che afferiscono alla Persona Umana, alla inaestimabilis res di Gaiana memoria, sono molto più importanti di quelli, pur considerevoli, di natura civilistica. I primi conducono ad una valutazione sulle libertà personali del cittadino, gli altri a meri aspetti economici. Quindi, non c’è paragone tra i valori in gioco.

E’ proprio la mancanza di interesse da parte di questo legislatore nei confronti di quello che è il bene supremo, la libertà, della persona che colpisce e rattrista molto.

Non solo il giurista, ma anche il semplice uomo della strada.

In conclusione, molti obiettivi, troppa retorica e pochi progetti concreti e circostanziati.

Soprattutto, una considerazione: certamente queste riforme sono  partorite da uomini che non sono mai entrati in un’aula di Giustizia, che non hanno mai professato la nobile arte dell’Avvocatura, che non conoscono nulla del processo, sia esso civile o penale.

«Piccoli uomini» che fanno rivoltare nella tomba Grandi Giuristi come Calamandrei o Grandi Guardasigilli storici come Grassi o recenti come Flik.

Hic sunt leones!

di Paolo e Irene Vinci