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Paolo Vinci Irene Vinci

Revelino Editore
Pag. 50
ISBN 978-88-32149-55-5

Uno dei mezzi introdotti dalla legge Gelli – Bianco per tutelare il paziente e velocizzare il pagamento è senza dubbio (o almeno, così era nelle intenzioni del legislatore) la previsione contenuta nell’art. 12. L’obiettivo del legislatore era facilmente comprensibile: creare un parallelismo rispetto a quanto avviene in ambito RCA, dove da decenni il danneggiato ha un’azione diretta nei confronti della Compagnia.

In realtà, la situazione è profondamente differente, dal momento che, a tacer d’altro, in RCA c’è un obbligo a contrarre in capo all’Assicurazione, mentre in ambito sanitario quest’obbligo non c’è e, anzi, l’aumento del contenzioso spesso rischia di creare “fughe” dal mercato.

Il legislatore del 2017, però, ha previsto un ulteriore step per “completare” il modello di azione diretta ideato dalla legge Gelli-Bianco, cioè l’emanazione di decreti attuativi che, nelle originarie intenzioni, avrebbero dovuto vedere la luce entro 120 giorni dall’entrata in vigore della legge.

Già dalle prime applicazioni della norma, tuttavia, molti soggetti che hanno introdotto un procedimento ex art. 696 bis c.p.c. (assurto a condizione di procedibilità della domanda) hanno agito, pur in assenza dei decreti attuativi, sia contro la Struttura Sanitaria che contro la sua Compagnia Assicurativa, con esiti diversi e, anzi, opposti tra loro, a seconda del Foro adito.

Si è, infatti, venuta a creare questa particolare situazione nella quale alcuni Tribunali ammettono l’azione diretta pur in assenza dei decreti attuativi e altri Tribunali che, in senso diametralmente opposto, decidono nel senso dell’inammissibilità della domanda e del rigetto del ricorso nei confronti della Compagnia.