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Quello del consenso informato è, sotto il profilo giuridico, sempre un argomento attuale, ancora non del tutto recepito dalla classe sanitaria.
Nonostante sia stata finalmente emanata una legge in materia (la n. 219/2017) e la Suprema Corte di Cassazione sia stata recentemente molto chiara ed uniforme nelle sue pronunzie. Sulla materia, con l’ordinanza decisoria n. 39084/21, la Sesta Sezione civile della Suprema Corte ha pronunciato un importante ulteriore principio di diritto.
Questa ordinanza ha un rilievo importante: afferma che non vi è necessità di consenso informato per differire un intervento già deciso ed approvato.
In buona sostanza, il paziente non va di nuovo consultato. Laddove ci sia la necessità di rinviare l’operazione la decisione spetta esclusivamente al medico.
Nel merito della vicenda, un paziente aveva citato in giudizio la Asl e il medico, difesi dall’Avv. Paolo Vinci, ritenendo che i due interventi ai quali si era sottoposto fossero stati eseguiti male, per via dei postumi e della mancata guarigione. La domanda era stata respinta perché parte attrice non aveva provato il nesso di causa tra i malesseri residuati e l’operato medico. Inoltre, secondo la Corte d’Appello di Milano, non è stata  provata la rilevanza della mancata informazione circa il primo intervento.
Ottenute due sentenze contrarie, l’attore ha denunciato, alla Corte di Cassazione, la violazione delle regole in tema di consenso informato: a suo dire, i giudici di merito avevano escluso la rilevanza all’acquisizione del consenso, ritenendo che il paziente non avesse provato cosa avrebbe deciso se fosse stato compiutamente informato.
Secondo i Supremi Giudici, il motivo di impugnazione è infondato perché “postula che vi sia diritto a informazione per il differimento di un intervento: è atto, questo, che non implica trattamento sanitario, ma per l’appunto, un suo di’erimento. Né può dirsi che vi sia diritto di dare consenso alla non esecuzione del trattamento, ossia che, pur avendo prestato il paziente consenso per l’intervento debba poi essere nuovamente consultato se si rende necessario di’erirlo o non eseguirlo: si tratta infatti di una decisione, quest’ultima, la quale, anche ove dipenda da scelta terapeutiche, è rimessa alla scienza del medico. Il paziente può assentire o consentire a un trattamento sanitario ma non già pretendere che ne venga e’ettuato uno ove ritenuto non necessario dal medico. Né ha senso un consenso informato al differimento di un intervento già deciso e assentito”.
La Suprema Corte ha, quindi, posto definitivamente una pietra tombale sulla vicenda e sulla questione di diritto, divenuta oramai invalicabile.